Dopo tante edizioni, tante traduzioni, la voce di questa ragazzina che ha lasciato la testimonianza dei suoi ultimi anni prima di venire deportata e uccisa a causa del suo essere ebrea non ha ancora smesso, e per fortuna, di fare da monito e da esempio.
Matteo Corradini, scrittore ed esperto ebraista, ha appena curato una nuova edizione del Diario di Anne Frank per Rizzoli.
Ci spiega lui stesso, in questa intervista, cosa significa fare il curatore, qual è stata l’impronta che ha voluto dare a questo libro, e perché sia ancora di così fondamentale importanza leggerlo.
La storia di Anne Frank, raccontata da lei stessa nel suo Diario, è molto conosciuta e letta, tanto da essere diventata quasi un simbolo: in che cosa l’edizione da lei curata è diversa dalle precedenti?
Quando mi è stato chiesto di essere il curatore della nuova edizione italiana del diario di Anne Frank ho subito pensato a quanto Anne Frank fosse stata importante per me, e quanto fosse importante e determinante per tante persone. Avvicinarsi ad Anne Frank significa far parte di una folla. È ancora possibile fare qualcosa di nuovo su Anne Frank? Io credo di sì. Nel nostro caso, l’editore ha scelto un ebraista, che sono io, e una traduttrice dall’olandese molto brava, Dafna Fiano. Noi due abbiamo collaborato e ci siamo coordinati per avvicinarci in ogni giornata del Diario, in ogni paragrafo, per ogni parola, alla soluzione perfetta. Ogni parola ci ha accompagnato per giorni e giorni. E in tutto abbiamo impiegato un anno per avere una versione che ci soddisfacesse, che avessimo voglia noi stessi di rileggere. Cosa ha di diverso la nostra dalle altre? La nostra ha questo lavoro alle spalle, e una grande attenzione alle parole di Anne.
Da un punto di vista professionale, come ha affrontato questo lavoro sul Diario, e che cosa ne ha tratto invece a livello umano?
Lavorare sul Diario per me ha significato riflettere di nuovo sulla potenza delle parole. Lavorare sul Diario significa riflettere su che cosa oggi ci dice Anne Frank. Il tempo è cambiato. Il mondo è cambiato. Le cose sono cambiate ma le parole di Anne Frank suonano oggi ancora vicine, ancora presenti. Perché? Perché parlano ai ragazzi. Alle ragazze. A quelli che noi chiamiamo “adolescenti”. Oggi molti vivono la stessa paura, la stessa solitudine. Tanti, in Europa, vivono la stessa idea di essere soli perché per legge lo sono. Per il solo fatto di appartenere a una nazione, a una etnia, sono soli. O per il solo fatto di essere persone nel luogo sbagliato, al momento sbagliato. A me Anne Frank dice che non ci sono nazioni che tengano. Il suo buio, il buio che racconta nel Diario, è fatto di barriere agghiaccianti, confini invalicabili. La sua angoscia è quella di chi è bloccato in un luogo senza potersene andare, senza la possibilità di liberarsi.
Nelle prime edizioni del Diario di Anne Frank erano stati operati tagli e modifiche voluti anche dal padre, Otto Frank; questa invece, che riporta la stesura originaria del diario, può essere un esempio di rigoroso lavoro filologico, storico e letterario al fine di rendere ancor più vera e sincera la scrittura autobiografica di Anne?
Il nodo, credo, è avere rispetto dei testi di Anne Frank. Abbiamo rispettato la sua giovinezza. Non l’abbiamo stravolta per presentarla al pubblico abbellita, o per essere usata per i biglietti d’auguri o per le frasette da copiare sui social network. La forza di Anne sta nel testo, e solo lì bisognava rimanere.
Ha seguito lei personalmente anche il lavoro del traduttore, o la scelta della prefazione che è stata affidata a Sami Modiano? Che valore aggiunto portano questi fondamentali elementi?
Il ruolo del curatore quello di scomparire. Ma prima di farlo, il suo ruolo assomiglia molto a quello di un regista. Coordinare, sentire, chiarirsi… È un lavoro di squadra che passa tutto attraverso il curatore. La traduzione è molto bella. Sami Modiano aggiunge l’esperienza di chi ha vissuto cose simili e si è salvato. E ha passato la vita a raccontarlo.
Anne Frank, Diario, BUR ragazzi
Età di lettura consigliata: dai 13 anni