Ecco a voi un eclatante quanto raro esempio di come la trasposizione di un romanzo in film o – in questo caso – in serie tv, possa non solo eguagliare ma addirittura superare in qualità la versione cartacea. E questo accade proprio grazie alle aggiunte, ai cambiamenti, quegli aspetti che di solito fanno storcere il naso e dire “sì ma… il libro era diverso”.
Tredici (titolo originale Thirteen reasons why) è una serie tv targata Netflix comparsa a fine marzo sulla piattaforma, precedentemente era un libro scritto da Jay Asher e pubblicato in Italia da Mondadori nel 2008, e in entrambi i casi è un vero e proprio pugno nello stomaco per chi lo legge, o chi lo guarda.
La storia è quella di Hannah Baker, la “ragazza nuova” della Liberty High, liceo frequentato anche dal protagonista e voce narrante, Clay Jensen.
Hannah si è suicidata al terzo anno, e i tredici motivi per cui l’ha fatto sono tutti registrati sul nastro di 7 audiocassette, con l’indicazione che ogni singola persona coinvolta debba ascoltarle tutte per poi passarle al successivo in lista.
Chi ha letto il libro quasi sicuramente ha apprezzato la narrazione asciutta: l’autore ha scelto di raccontare la storia in maniera che definirei fredda se non temessi che qualcuno possa interpretare questo aggettivo in maniera negativa. Le pagine seguono le cassette, una dietro l’altra, e lo fanno dal punto di vista di Clay che, insieme a noi, le ascolta e pian piano capisce, sempre più terrorizzato nel frattempo di giungere finalmente alla sua e comprendere quale sbaglio anche lui ha commesso, quale suo gesto inconsapevole ha fatto soffrire Hannah talmente tanto da considerarlo uno dei motivi della sua morte. Il romanzo non distoglie mai l’attenzione dai tredici colpevoli, e termina insieme alle cassette: non avremo altre spiegazioni oltre a quelle dateci da Hannah, non conosceremo le reazioni che le altre persone coinvolte hanno avuto all’ascolto.
Mi sono sinceramente stupita, solo dopo aver terminato la visione, di quanto la serie sia diversa dal libro: questo perché, mentre la guardavo, non me ne rendevo conto.
Sono cambiati molti piccoli particolari e molti aspetti a dir poco cruciali; sono state aggiunte sottotrame, personaggi, relazioni, ma l’anima della storia è rimasta intatta. È come se il libro fosse lo scheletro, e queste tredici puntate la versione “completa” (uso le virgolette, perché non si prova alcuna sensazione di incompletezza una volta finita la lettura).
Probabilmente a seguito della scelta dei produttori di dare a Tredici una possibile utilità sociale, di renderlo anche uno strumento di sostegno per gli adolescenti, questa serie tv ha la missione di mostrare le cose, tanto quanto il romanzo invece intenzionalmente le lascia immaginare.
Quando i mezzi di comunicazione sono differenti, è poco saggio raccontare una storia nello stesso identico modo, e in questo caso chi ha lavorato alla serie ha dimostrato di saperlo bene.
Le puntate iniziano in sordina, quasi non fanno percepire nemmeno la tragicità che lo spettatore sarà costretto a conoscere in seguito. È un climax molto lento e molto efficace.
Piano piano ci si ritrova ad assistere a scene che ci infastidiscono e sconvolgono, per poi culminare nelle ultime puntate in cui, durante alcune scene, si continuano ad attendere cambi di inquadratura che non arrivano, interruzioni alle quali siamo abituati, e che dovrebbero risparmiarci la visione degli istanti peggiori.
Non aspettatevi che Tredici vi risparmi alcunché.
Si potrebbe parlare a lungo delle differenze con il libro, dei personaggi aggiunti, delle scene cambiate.
La vera cosa da notare, in realtà, è che è cambiato il punto di vista ed è cambiato il medium. Nella serie, anche se continuiamo a vedere gli avvenimenti soprattutto attraverso gli occhi di Clay, la narrazione è corale, tutti i personaggi hanno qualcosa da dire, una reazione da raccontarci, anche e soprattutto i personaggi che nel libro non hanno avuto affatto spazio (come i genitori, di Hannah, di Clay e degli altri, i quali hanno un ruolo fondamentale in questa trasposizione).
La serie, inoltre, ha una missione che la obbliga ad essere schietta e non lasciare posto a dubbi. Queste cose accadono, sembra dirci, anche per questi motivi che a te, spettatore, possono sembrare stupidi o di nessuna importanza, e le conseguenze sono queste. Sono orribili, ma devi guardarle fino alla fine.
Un cast a dir poco perfetto, una sceneggiatura che sa bilanciare alcuni momenti sottotono con una linea di qualità tutto sommato sopra la media, danno vita a un prodotto che è a dir poco meritevole di essere guardato.
Non è una serie educata, né facile. D’altra parte, era senza dubbio l’unico modo possibile per raccontare questa storia.
Brian Yorkey, Tredici, USA, 2017
Età di visione consigliata: dai 15 anni
Jay Asher, Tredici, Mondadori
Età di lettura consigliata: dai 13 anni